Dieci secoli di presenza degli antenati delle Vacche Rosse nelle raffigurazioni del presepe
Gabriele Arlotti è un agronomo e giornalista che vanta diverse pubblicazioni sui bovini di Razza Reggiana, accanto a tante altre riguardanti l’agricoltura e il Parmigiano Reggiano. Una personalità di ricca e poliedrica competenza, che l’ha portato a lanciare un progetto espositivo e multimediale di grande suggestione, in cui la Storia dell’Arte dialoga con la divulgazione zootecnica e agroalimentare.
Un’idea che sorge da un aspetto ricorrente in molteplici raffigurazioni della Natività di Gesù bambino. E cioè la presenza in tali creazioni del bue rosso, dal manto color fromentino e dal musello rosa: che sono tratti distintivi proprio delle nostre amate Vacche Rosse.
Così, abbiamo incontrato Gabriele per farci raccontare questo suo progetto mirato alla realizzazione futura di una mostra che raccolga una serie di opere di valore internazionale, in cui la razza bovina dal mantello rosso compare all’interno delle rappresentazioni figurative del presepe.

«Nelle arti tardogotiche, nel Rinascimento, nel Manierismo sino all’arte moderna, in particolare con il Realismo e l’Impressionismo – dichiara infatti Arlotti – sono moltissime le rappresentazioni del presepe che, oltre a Gesù bambino, Maria e Giuseppe, hanno come protagonista il bue rosso a fianco dell’asinello. Questo perché gli artisti del tempo dipingevano quanto vedevano nella realtà attorno: tra cui i bovini dal manto del colore del grano, i progenitori delle Vacche Rosse».
E parliamo, dunque, di Natività e Adorazioni create da pittori italiani della grandezza di Giotto, Beato Angelico, Masaccio, Giorgione, Caravaggio, Botticelli e Mantegna, solo per citarne alcuni tra molti altri.
Mentre, per quanto riguarda l’estero, possiamo citare artisti importanti come il tedesco Albrecht Dürer e il suo conterraneo, ma di formazione fiamminga, Hans Memling, oltre allo spagnolo Pedro Berruguete e i francesi Charles Le Brun e Marc Chagall. Quest’ultimo era di origine russa e, peraltro, di una delle aree di provenienza dei barbari che portarono con sé i primi capi di quella che poi avremmo battezzato come la Razza di Rossa Reggiana.
Un animale condotto in Italia dagli invasori Longobardi, a partire dal 568 d.C., molto adatto per il lavoro nei campi e in seguito valorizzato per la speciale produzione di latte da cui nacquero, nove secoli fa, le prime forme originarie di Parmigiano Reggiano. Difatti le Vacche Rosse sono considerate le madri del “Re dei Formaggi”. Per cui, sorridendo e strizzando l’occhio, si può dire che rientrano a maggior ragione nel tema della Natività…
Oltre ai caratteri di razza spesso facilmente individuabili nei dipinti (colore del mantello, musello rosa, corna), la comune origine di questi animali spiega pure la presenza costante del bue rosso nelle maggiori icone russe e ucraine raffiguranti la Natività. Ecco perché Gabriele con ANABoRaRe – l’Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Reggiana – intende sviluppare il suo progetto lungo un filo teso fra passato e presente, che da lì possa guardare all’Europa e al resto del mondo attraverso delle iniziative collaterali e integrate. D’altronde questa razza, così particolare e dotata di qualità, ebbe una grande diffusione nel nostro continente.
«Ed è proprio per questo – conclude il nostro giornalista e agronomo – che, nelle tante raffigurazioni artistiche del presepe degli ultimi mille anni, i bovini hanno nell’80% dei casi il mantello rosso e, nella restante minoranza, bianco-grigio come quello invece delle razze podoliche. La prima volta che esposi questa tesi fu all’assemblea del convegno nazionale dell’Associazione Italiana Amici del Presepio, svoltosi nel 2012, tra Castelnovo ne’ Monti e Gazzano, nell’appennino in provincia di Reggio Emilia. Un piccolo contributo a una tradizione che ha dieci secoli di storia».
Per cui l’augurio è che, nel 2021, si possa effettivamente assistere alla esposizione ideata da Gabriele Arlotti, sotto l’egida di ANABoRaRe e di altre istituzioni. Perché ciò vorrà anche dire che ci sarà la possibilità di visitare nuovamente i musei e di partecipare a manifestazioni dal vivo in presenza: senza avere più lo spettro, dunque, di una pandemia che ci neghi di stare vicini per davvero, gli uni accanto agli altri.