E venne una Rossa
Provate a immaginare la Pianura Padana nel VI Secolo dopo Cristo. Immaginate la sua ampia area come una frontiera: con spazi da bonificare e rendere fertili, ma in cui confluiscono persone e culture di diversa provenienza in cerca di un buon posto dove fermarsi a vivere. Così, quando vi giunsero i Longobardi, risalendo da lontano il fiume Elba, eccoli portare i primi capi di un animale che pareva creato proprio per quel tipo di ambiente: degli esemplari di una razza bovina che poi avremmo chiamato la Rossa Reggiana.
Una razza dunque autoctona del nord Italia, dal mantello fromentino e di grande forza. Quella che serviva per i lavori di bonifica della pianura, a cui si sarebbero dedicati soprattutto i monaci Benedettini, che posero tali Vacche Rosse al centro delle loro attività lavorative.
Vacche rustiche, robuste e longeve. Capaci di produrre discrete quantità di latte, ma con proprietà di caseificazione elevate. I Benedettini, e anche i monaci Cistercensi, ne avevano molte presso le loro abbazie: da cui la possibilità di avere latte a sufficienza per creare il primo formaggio che si potesse stagionare a lungo. Intorno al XII Secolo nacquero quindi le prime forme originarie del Parmigiano Reggiano.
Per questo ci piace dire che la mamma del “Re dei formaggi” è la Rossa di Razza Reggiana.
Vacche Rosse, una storia di salvezza
Le Vacche Rosse affondano le loro orme in un antico passato delle nostre zone, mentre dal loro latte nasce una tradizione casearia ormai millenaria. Protagoniste sino al secolo scorso delle realtà agricole e d’allevamento fra Reggio Emilia e Parma, negli anni ’50 si contavano all’incirca 200.000 capi. Poi l’industrializzazione, con l’inarrestabile aumento produttivo del Parmigiano Reggiano, causò la progressiva sostituzione della Razza Reggiana con la Frisona: in grado di fornire quantità superiori di latte. Tanto che, sul finire degli anni ’80, gli esemplari di Rossa si ridussero fino a un numero di circa 600. L’estinzione pareva davvero vicina.
Ma, giusto allora, un gruppo di allevatori lungimiranti decise d’investire di nuovo nella Razza Reggiana, poiché conoscevano bene le sue grandi qualità e il sapere prezioso che la Tradizione porta con sé. E fu la salvezza dei nostri bovini dal manto rosso fromentino.
Le storie migliori non finiscono mai
Oggi sono oltre 3.000 le Vacche Rosse presenti negli allevamenti del nostro territorio, mentre sono circa 40 gli allevatori che se ne prendono cura con ogni riguardo e passione, proseguendo un lavoro di valorizzazione e tutela che ha a cuore il loro benessere. Nel rispetto quindi della natura e della biodiversità.
Queste mucche del resto – come da specifico regolamento – sono nutrite soltanto con erba verde (nei periodi in cui è disponibile), fieno e cereali NO OGM, senza forzare la loro produzione di latte con altre tecniche alimentari.
Alla rinascita di questa razza ha contribuito, infine, il legame con il Parmigiano Reggiano delle Vacche Rosse: dalle quali si ottiene un latte con una caseina speciale che predispone il formaggio alla migliore stagionatura e fin oltre i 40 mesi, rendendolo più digeribile e con delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche sempre eccellenti.
Un prodotto di una qualità senza compromessi, in virtù di un disciplinare che consente di commercializzarlo solo dopo 24 mesi di stagionatura e due espertizzazioni: di cui, la prima avviene al dodicesimo mese per mano dei tecnici del Consorzio Parmigiano Reggiano; la seconda al ventiquattresimo, grazie agli esperti dell’ANaBoRaRe – Associazione Nazionale Allevatori Bovini di Razza Reggiana.
Nonostante il successo e le richieste crescenti sul mercato, la produzione di Parmigiano Reggiano Vacche Rosse è comunque sempre commisurata agli alti standard a cui si mantiene fedele il nostro Consorzio. Un insieme di persone appassionate, unite dalla missione di custodire e tramandare la sapienza di una lavorazione antica del “Re dei formaggi”: nell’amore senza fine verso la sua millenaria “Regina Madre”. Quella dal rosseggiante mantello.